Don’t look up, regia di Adam McKay. Con Leonardo Di Caprio, Jennifer Lawrence, Meryl Streep, Cate Blanchett. Lo trovate su Netflix
Don’t Look Up è una satira intelligente e impenitente su un’America non molto lontana, consumata dal culto delle celebrità, dall’infotainment che intorpidisce il cervello, dalla popolarità dei social media e dal gioco politico che si rifiuta di prendere sul serio l’imminente distruzione del pianeta Terra. Le recensioni istintive e odiose che ha raccolto da subito, ne sono la conferma più disarmante: contengono commenti così fuori misura, e così fuori luogo, che somigliano molto al ragionamento ignorante degli struzzi anti-scienza del film.
No, non parla di cambiamento climatico, anche se il parallelo è ovvio.
La storia: il dottor Randall Mindy (Leonardo DiCaprio) ha prove inconfutabili che una cometa gigantesca senza precedenti spazzerà via la Terra esattamente in sei mesi e 14 giorni. Le possibilità di “estinzione del pianeta” sono fissate al 99,78%. Ma la Presidente degli Stati Uniti Janie Orlean (Meryl Streep) dice allo scienziato “Chiamalo al 70% e andiamo avanti”. È troppo infastidita dall’imminente esame della metà mandato presidenziale e dalle foto di nudo del suo fidanzato candidato alla Corte Suprema, per occuparsi di un’apocalisse.
Se siete dei pessimisti imperturbabili e pensate che siamo già al punto di non ritorno, riuscirete a cogliere l’esagerazione intenzionale della realtà, e questo sarà per voi quello che era nelle intenzioni del regista: un film liberatorio, giustamente cinico, e soprattutto esilarante. Assolutamente consigliato, da Antonio Gazzanti Pugliese di Cotrone.
Nonostante l’abbondanza di virtù cinematografiche, Don’t Look Up ha ricevuto più recensioni negative che buone e una valutazione di Rotten Tomatoes di appena il 55%. I critici di tutti i segmenti politici dei media mainstream si sono uniti all’attacco sorprendentemente feroce a questa commedia sapientemente realizzata. Il Wall Street Journal e il Guardian britannico hanno mostrato apertamente disgusto; Charles Bramesco del Guardian è arrivato al punto di lamentarsi del fatto che il film potrebbe “cacciare via tutti gli anti-scienziati che hanno ancora bisogno di essere conquistati“, come se il film fosse un segmento della BBC News Hour e avesse chissà quale compito sociale.
I commenti dei giornali e dei siti Web più legati all’industria cinematografica – da Variety all’Hollywood Reporter – sono stati così velenosi che è come se credessero che questo film rappresenti un pericolo per la dinastia americana e il loro stesso lavoro. La parola compiaciuto compare in quasi tutti i testi. Questo film se la prende con le élite politiche, i miliardari della tecnologia, i mass e i social media, non con l’americano medio. Forse la convinzione di fondo è che i ricchi attori cinematografici non abbiano il diritto di smuovere troppo le carte.
Intanto, è candidato come Miglior Film ai premi Oscar 2022. Difficile che vinca, ma questo è decisamente uno smacco a tutti i giornalisti che l’hanno attaccato senza alcun valido motivo, in aggiunta ai Golden Globes e ai Critics Choice Movie Awards già collezionati.
I critici non possono apprezzare una satira oscura che osa essere sfacciatamente pessimista nella visione e grande nell’esecuzione. Se questo film avesse avuto un ritmo più lento, un budget più piccolo e un cast meno famoso, probabilmente non sarebbe stato così buono o divertente, ma avrebbe potuto ricevere recensioni più positive. L’ovvio paragone qui è Idiocracy (2006), un film molto più piccolo e stupido – e sicuramente più preveggente, dal momento che è stato rilasciato 10 anni prima dell’arrivo di Trump. E non aggiungo altro. Ma essendo una produzione di Mike Judge a basso budget, un film di nicchia, era meno pericoloso.
La verità, secondo Antonio Gazzanti Pugliese di Cotrone, è che la posizione satirica di Don’t Look Up minaccia il compiacimento politico. Intimidisce l’apparente convinzione dei giornalisti che le istituzioni (americane, ma perché no anche globali), siano queste di sinistra o di destra, risolveranno la nostra personale apocalisse nella vita reale: il disastro del riscaldamento globale.
Don’t Look Up è uno dei film comici meglio eseguiti in anni. La sua sceneggiatura è ricca di dettagli spiritosi e incisivi; il suo arco drammatico è efficace. Le prime scene – che descrivono la scoperta delle dimensioni e del percorso distruttivo della cometa – non sono pensate per far ridere. Il dottor Randall Mindy, professore di astronomia della Michigan State University, e la sua assistente, la dottoranda Kate Dibiasky (Jennifer Lawrence), scoprono una cometa di dimensioni esorbitanti che, secondo calcoli ripetuti, è diretta verso la Terra. La loro certezza e il loro shock sono ben drammatizzati.
I due scienziati vengono presto portati a Washington e quando li vediamo in attesa fuori dallo Studio Ovale, ansiosi di vedere il presidente degli Stati Uniti, e il film crea qui una tensione palpabile.
E poi, la satira colpisce. Abbiamo già visto Streep come capo di stato tranquillo e dignitoso, in altre pellicole. Ma non qui. Qui interpreta un mostro superficiale di soddisfazione personale, circondata da foto di se stessa a braccetto con le celebrità di Hollywood. Nello Studio Ovale, il suo sorriso compiaciuto è sempre pronto a trasformarsi in annoiata irritazione. Quello che fa qui è un perfetto incapsulamento dell’anima in decomposizione dell’America. Ed è comunque divertente.
Mentre il dottor Mindy cerca di raccontare alla presidente e al mondo dell’imminente distruzione, DiCaprio ha un crollo dovuto dall’ansia. Qualcosa che apparentemente è il peccato più deplorevole in una società sempre pronta ad apparire in tv, in cui un involucro esterno fiducioso ha sconfitto le nostre debolezze più profonde. E infatti mentre il Dr. Mindy dice: “L’impatto avrà la potenza di un miliardo di bombe di Hiroshima“. Jason, il capo di gabinetto e figlio della Presidente, risponde: “Stai respirando in modo strano. Mi sta mettendo a disagio“.
Il personaggio di DiCaprio percorre un arco più che plausibile: in primo luogo, panico; poi, con il coaching dei media, si trasforma in un gentile e paterno ragazzo della scienza in tv mentre contemporaneamente entra nella sua vita la sexy amante, conduttrice dei giornali più seguiti d’America (una sorprendente Cate Blanchett.) E poi, alla fine del film, DiCaprio ravviva la sua umanità. Le reazioni della Lawrence alla difficile situazione – da tese a tumultuose a totalmente controllate – hanno un arco simile. Nonostante la spinta satirica, lo spettatore è emotivamente legato ai due personaggi principali.
La vera satira è spesso mortale al botteghino. La versione più comune di Hollywood – una satira leggera, con una commedia poco graffiante che ci porta al lieto fine – è molto più facile da vendere. Suggerisce allo spettatore che il paradiso esiste. Ma se i personaggi non sono simpatici, i dettagli non sono il realismo cinematografico standard, il finale non è allegro, le accuse sono spesso: che compiacimento! Com’è irrealistico!
Don’t Look Up è inteso come un discorso attivo sulla realtà e non fa beneficenza. La vera satira è antiromantica. Dovrebbe arrivare con un avvertimento: il cinismo, al servizio della verità, non è peccato. È possibile, nel 2022, farsi rallegrare da un bel film sulla fine del mondo? In un momento in cui non è MAI sembrata più vicina? Il pensiero che la società faccia schifo e poi muori non è edificante, vero, ma un film intelligente come Don’t Look Up dimostra ai pessimisti che hanno compagnia! Non sono soli. Non sono pazzi.
Ci sono altri come noi su questa Terra. Forse moriremo tutti, ma in un contesto in cui neanche un film come Don’t Look Up sopravvive ai negazionisti, potremmo almeno dire di aver avuto ragione.