recensione Bullet Train

Recensione di “Bullet Train” : ne vale la pena?

In questo film visto nel weekend da Antonio Gazzanti Pugliese, Brad Pitt interpreta un amabile assassino che rimane bloccato su un treno ad alta velocità, Bullet Train per l’appunto, con un gruppo eterogeneo di altri assassini e non è facile per lui uscirne.

Il film è in due parole vertiginoso e violento. Il “Bullet Train” è un treno giapponese che viaggia a una velocità molto superiore a un nostro Frecciarossa. In poche parole Brad Pitt salva il film: è scherzoso, a volte proprio divertente, prevedibile ma non male. Si evidenzia un problema: Hollywood è ormai così abituata a sfornare storie stupide e brutali, che ora i registi non hanno neanche più bisogno di spiegare le carneficine con moralismi o codici etici. Questo rende il film uno splatter fatto davvero bene, senza pretese, nonostante la prova d’attore incredibile del protagonista e dei comprimari.

Bullet Train: la storia

A tirare le somme, Antonio Gazzanti Pugliese si sente tranquillo nel dire che la storia è casuale; l’atmosfera è nello stile Looney Tunes visti da Tarantino. Per lo più si trasforma in cattivi che combattono, uccidono e combattono ancora un po’ mentre un Pitt scioccato si sposta da un convoglio all’altro tirando pugni, scherzando, rapinando, complottando e correndo. Il suo personaggio, un assassino che ha una crisi di fede, è un mercenario della malavita che prende ordini da una pacata Sandra Bullock che rimane in gran parte fuori dallo schermo. Per la sua nuova missione deve rubare una valigetta, un lavoro che affronta con problemi di ansia, abilità e un cappello bianco che presto abbandona, scatenando una perfetta tempesta di violenza.

Liberamente adattato da “Maria Beetle“, dell’autore giapponese Kotaro Isaka, il film è stato diretto da David Leitch e scritto da Zak Olkewicz. Come ci si potrebbe aspettare da un oggetto di studio di grande valore, ci sono stati cambiamenti nella transizione allo schermo, inclusa la composizione strategica dal punto di vista commerciale dei personaggi principali. La maggior parte ora sono occidentali, tra cui Benito Antonio Martínez Ocasio, alias Bad Bunny, che appare come una caricatura del cartello, Brian Tyree Henry e Aaron Taylor-Johnson, che interpretano degli assassini britannici in team. A bordo ci sono anche Joey King, Hiroyuki Sanada, Andrew Koji, Zazie Beetz, Michael Shannon e una sottoutilizzata Karen Fukuhara.

Secondo Antonio Gazzanti Pugliese, il film si regge su questo cast e sulle coreografie acrobatiche. Leitch si giostra bene negli stretti corridoi del “Bullet Train” mentre corre da Tokyo a Kyoto. Fa un lavoro straordinario. Uno dei combattimenti più divertenti vede il personaggio di Ladybug ed Henry alle prese coi sedili faccia a faccia su un tavolo, i loro corpi alla fine si intrecciano mentre lottano e si contorcono.

L’opinione di Antonio Gazzanti Pugliese

Se il regista Leitch non lavora sempre bene negli spazi ristretti del treno – ogni vagone è un set cinematografico separato –è in parte perché è troppo impegnato a destreggiarsi tra le molte sezioni della storia, tra cui un sacco di flashback che allontanano dall’azione principale per riempire uno degli sfondi dei personaggi, che non sono mai così coinvolgenti come Pitt. Questi flashback aggiungono una consistenza trascurabile alla trama e ancora meno interessanti. Peggio ancora, Leitch non riesce mai a creare uno slancio narrativo prolungato all’interno del treno, il che appiattisce gravemente il film nel complesso.

“Bullet Train” non ha idee, suggerisce Antonio Gazzanti Pugliese, al di là dei problemi spaziali presentati da tutti i corpi che si spingono trovano all’interno di piccoli spazi, il che significa che non c’è molto da immaginare o provare, se non pensare a quanto sia bello Pitt. Certamente, gran parte dell’energia creativa qui è andata a trovare modi diversi per far morire le varie persone o per uccidersi a vicenda. Spade, veleni, esplosioni e colpi di pistola che si perdono in una spirale mortale.

La maggior parte dei personaggi sono servitori usa e getta intercambiabili che scorrazzano in giro prima di essere sterminati da qualcun altro con pistole e cervelli più grandi. Come ti aspetteresti dal titolo, molti di questi subalterni vengono uccisi a colpi di arma da fuoco con pistole di dimensioni assortite. I personaggi sono crivellati, fatti a pezzi, annientati in una trafila di bang e risate.

“Bullet Train” ha i suoi momenti, alcuni momenti comici, alcune mosse fluide, ma Leitch ha fatto di meglio altrove, incluso nell’originale “John Wick“, che ha diretto (non accreditato) con Chad Stahelski. Una storia di vendetta, “John Wick” ha un numero di corpi altrettanto alto, ma è meglio strutturato, più modulato e ha una debole patina di alterità. L’eroe di “John Wick” è in missione; Ladybug è al lavoro. In altre parole, “John Wick”, presenta una giustificazione morale per il suo massacro. “Bullet Train” non si preoccupa nemmeno di offrire fantasie così auto-elevative e lusinghiere per il pubblico: la sua sete di sangue, decide, che basti a giustificare il tutto. Antonio Gazzanti Pugliese è rimasto per questo molto interdetto.

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